Giorgio Bocca non era da condannare quando disse:
Chi nasce a Napoli non ha speranze, E’ SFORTUNATO.
Il popolo napoletano lo intese come un ignorantissimo insulto. Ma lo scrittore nella sua frase (e nel suo libro Napoli Siamo Noi) andò semplicemente a criticare il sistema Napoli che non andava (e non va) come nel resto d’Italia.
Ogni tipo di suscettibilità va ricondotta al concetto di Napoli per il napoletano “semplice”: Napoli per lui non consta soltanto nella città, ma nel collettivo di affetti e di tradizioni che tanto gli stanno giustamente a cuore; per cui quando questa armonia viene scossa e messa in discussione da frasi di quel tipo, come tutta risposta di orgoglio (componente indiscutibilmente costante nel DNA partenopeo) cerca di porre nel patetico la suddetta constatazione.
Ma entrambe le parti hanno sia ragione che torto.
Per discutere di Napoli servirebbero anni consecutivi e ininterrotti, tanti sono i suoi aspetti microcosmici.
Proverò a fare una ricognizione generale.
Napoli è conosciuta dal 65% degli italiani grazie ai mass media. E non di certo in modo positivo.
Inutile menzionare i settimanali fatti di cronaca nera che infestano tg e quotidiani.
Ma il problema è che il ciclico ribadirsi di avvenimenti criminali ha fatto in modo che il concetto di Napoli sia stato letteralmente reso come legittimo dall’italiano che assiste al notiziario.
Per meglio dire, Napoli è come viene descritta dai Mass-media: una babele di corruzione e anarchia, un universo nichilista senza via di fuga, nella sua totalità.
Non dissimile dalla concezione parmenidea dell’Essere.
Quello che è resta immutabile, non può non essere.
Ma Parmenide non può avere voce in capitolo, in questo contesto.
La legittimazione di “Napoli merda” va a risucchiare come il peggior buco nero la porzione più concreta e progressista della città.
Napoli ha due estremi:
1. Napoletani con mentalità retrograda, privi di cultura lavorativa, disonesti, maleducati, incivili
Fazione che caratterizza ogni città d’Italia, forse Napoli “vanta” una maggior percentuale.
2.Napoletani disponibili in ogni occasione, che rendono facile il difficile, con cultura lavorativa e speranza di migliorare la Napoli pessima.
Il primo punto è comune a tutti.
Il secondo viene, come prima evidenziato, letteralmente celato.
E’ tutta una questione di voler capire secondo i vantaggi personali o non poter capire.
Quest’ultima questione è di facile deduzione.
Per conoscere una cittadinanza, bisogna averci a che fare.
Malauguratamente accade che, per fare un banale esempio, un romano già prevenuto contro i partenopei, ne incontri uno maleducato. Ovvio che rimarrà del suo pensiero, anzi la sgradevole esperienza lo renderà ancora più convinto e riluttante.
Ma mettiamo il caso che conosca un napoletano del secondo gruppo.
Se ha un minimo di senso logico, comincerà ad interrogarsi sul motivo della sua fermissima prevenzione ed andrà a rendersi conto di aver conosciuto in precedenza il concetto di illegittima superficialità.
La vivisezione del napoletano è tematica molto appetibile alla persona prevenuta.
Vivisezione condizionata da un grandissimo errore inziale: egli compie una fusione tra difetti del napoletano e difetti esistenziali dell’uomo. Per cui un semplice napoletano disonesto si vedrà affibbiati anche difetti comuni all’uomo come suscettibilità, pulsioni violente e orgoglio.
A quel punto il confine napoletano disonesto/lato umano negativo non ha più ragione di stare in piedi.
Non bisogna tanto dare importanza a chi fa uso di cori da stadio contro Napoli, il più delle volte ho constatato che essi non odiavano la città, ma il loro livore era esclusivamente confinato a precisi contesti.
I dubbi sorgono quando l’antinapoletano esibisce una serie di tesi e argomenti a favore di essa.
Ma per questo basta leggere qualche riga più in alto.
Pubblicato su Napoli
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